Anno pastorale 2016-2017 – Chiamati alla vita vera

Scritto il 3 settembre, 2016

«Seguimi! E in ogni istante sarà Tutto perchè Sono qui»

L’anno pastorale che inizia si pone nel solco dell’anno precedente. Il cammino continua nella stessa direzione e con lo stesso obiettivo: educarsi al pensiero di Cristo. Il desiderio del nostro Arcivescovo è quello di rimanere concentrati su questo compito che egli sente come particolarmente importante per il momento attuale: assumere lo sguardo di Gesù, entrare nel suo modo di sentire e di valutare le cose, attingere dalla fede i propri criteri di giudizio, riscoprire la dimensione culturale del credere nel suo senso più ampio e nobile, rendere ragione della speranza che è in noi nel confronto schietto e cordiale con il mondo. Alla domanda: “Ma su questo punto o su quest’altro tu come la pensi?” dovremmo riuscire a rispondere non offrendo semplicemente un’opinione personale ma rendendo evidente il pensiero di Cristo, facendone cogliere tutta la forza, la bellezza, la sapienza, la verità. Il Vangelo è infatti luce che si irradia sul vissuto umano, rivelazione di grazia offerta alla mente e al cuore, scoperta incessante del senso autentico delle cose: “È in te la sorgente della vita – dice il Salmo – nella tua luce vediamo la luce” (Sal 36,10). L’incontro con il Salvatore del mondo ci rende partecipi della sua stessa vita di Figlio e ci immerge nell’amore trinitario. È molto confortante avere coscienza di questa verità e riuscire a guardare tutto in quest’ottica di redenzione. Ogni cosa prende allora la sua giusta dimensione, la sua misura, il suo posto. Si entra nella forma buona della vita, la si riconosce, la si desidera, la si cerca, la si raccomanda.

Siamo poi nel pieno dell’anno santo della misericordia, che terminerà il prossimo novembre. Sappiamo che la misericordia è l’essenza del pensiero di Cristo, è come il cuore per il sentimento, l’occhio per lo sguardo: la visione del mondo dipende infatti dalla condizione interiore, dal sentire profondo, dalle convinzioni maturate nel segreto della coscienza. Se il cuore è ripiegato su di sé gli occhi si ammalano e tutto si sfuoca. La decisione del buon Samaritano non sorge forse dal suo cuore buono, visitato e abitato dalla grazia (cf. Lc 10,29-37)? Non è forse questo il segreto di quella compassione misericordiosa che è divenuta in lui solidarietà attiva? Il pensiero di Cristo e la testimonianza per lui sono inseparabili, perché non vi è libertà senza la luce della coscienza e non vi è coscienza senza l’approdo della libertà. Vogliamo dunque raccogliere nell’anno pastorale che abbiamo davanti l’eredità del giubileo della misericordia, unendo insieme a partire da qui il pensare e l’agire, il valutare e il decidere, perché – come ci ricorda l’apostolo – “a spingerci è l’amore di Cristo” (2Cor 5,14). Non sono immaginabili un cammino di fede e una testimonianza efficace senza questo primato della grazia, che è in concreto esperienza costante della misericordia di Dio.

Abbiamo scelto come testo guida per la Pastorale Giovanile di quest’anno il brano di Mt 19, 16-22. È il racconto di un episodio che vede protagonista un giovane animato da un grande desiderio di vita. Purtroppo egli resta prigioniero di se stesso. L’incontro con Gesù potrebbe segnare una svolta e dare pieno appagamento a quanto egli cerca con verità, ma i beni posseduti si frappongono tra lui e il Signore della vita, hanno la meglio ed egli se ne va triste. La sua vicenda ha molto da insegnarci. Vi riconosciamo le tracce evidenti di realtà che identifichiamo con parole molto importanti quali: libertà, vocazione, fede, conversione, ricondotte all’unico centro focale che è quello della vita. Il desiderio di vita vera anima il cuore di questo giovane, ma prima ancora anima il cuore di Gesù. Egli sa che dall’accoglienza del suo invito dipenderà il raggiungimento di quanto quest’uomo desidera e proprio per questo prima delle ultime parole gli rivolge uno sguardo carico di affetto. È l’appello del Vangelo, decisivo, cruciale, che arriva alla coscienza libera, domanda fiducia totale, coraggio di assumere il suo pensiero, di guardare da lì se stessi e il mondo, di chiamare con il giusto nome le proprie schiavitù. In gioco c’è la gioia di vivere, la letizia interiore, la beatitudine che Gesù annuncia e che il mondo non è in grado di offrire.

In questa direzione muove dunque quest’anno il nostro cammino di giovani e di ragazzi, alla scuola di colui che, come vero Signore della vita, chiama a seguirlo nella libertà. Questo ci è chiesto: concentrarsi sull’essenziale per sentire tutta la forza attraente della voce di Gesù; lasciarsi guidare da lui a valutare la nostra personale condizione di vita e la realtà che ci circonda; riconoscere con umile lucidità i lacci che tengono avvinta la nostra libertà e ci impediscono di dare compimento ai nostri desideri più belli; entrare sempre di più nella sequela del Signore, che oggi diventa realtà dentro la sua Chiesa. È l’esperienza dei primi discepoli che continua nel tempo. Una promessa accompagna questo invito a scegliere nella libertà di stare con lui: “Chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).
+ Pierantonio Tremolada

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