Meditazioni dell'Arcivescovo Credo – Chiesa di Milano




DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA DOMENICA DI PASQUA

Scritto il 12 aprile, 2020

Eppure le devono essere state ben familiari la figura e la voce di Gesù! Sembra strano che, ciò nonostante, Maria in lacrime non lo riconobbe e lo scambiò per il custode del giardino.

 “Maria!” “Rabbuni!”: sono le parole centrali di questo Vangelo di Pasqua.

L’annuncio della risurrezione di Gesù non è un annuncio generico, ma personale, espresso in quel chiamarsi a vicenda.

“Maria!”: è la parola che richiama dallo smarrimento, dalle lacrime: sono sentimenti di delusione, ma che rivelano una persona viva, un amore che è venuto a mancare.

“Rabbuni!”: è l’esplosione di questa vivezza, un’esplosione di sorpresa e di gioia incontenibili, di un affetto che vorrebbe esprimersi in un abbraccio.

La fede o vita cristiana inizia da qui: da questo sentirsi chiamati per nome da Gesù e dal corrispondere in modo personale, non generico, a questa sua chiamata.

Come risultano fuorvianti le discussioni, i ragionamenti, l’”io penso che…”, a questo riguardo: rischiano di diventare sepolcri della vera fede che ci rendono incapaci di stupirci, di gioire, di amare, di correre ad annunciare.

Vorremmo chiedere: “Gesù, chiama anche noi per nome come chiamasti Maria, anche se ci è più difficile percepire la tua voce”.

Se la fede è vera, possiamo ben credere che adesso, in ogni momento, con quello che siamo o che facciamo, sulle labbra di Gesù c’è il nostro nome e ci chiama.

E’ poesia? E’ immaginazione?

Se sapremo guardare al Crocefisso ascoltando dalla sua voce  “è per te” (così aveva pregato: “per loro io sacrifico me stesso”); se questa parola sì immaginata, ma alla luce del Vangelo, la crederemo con consapevolezza e convinzione tali da suscitare l’affetto confuso e riconoscente del cuore, se lasciamo che quella parola si faccia strada non fra le nostre lacrime come fu per Maria, perché non ne abbiamo, ma fra la tiepidezza della nostra fede, allora quel “è per te” è l’essere chiamati con il proprio nome.

Ogni anno abbiamo celebrato la risurrezione di Gesù, ma, come dice il nostro Vescovo, “non pensavamo che fosse così necessaria la risurrezione per la nostra speranza.

Nella vita cristiana rassicurata dalla buona salute, da un certo benessere, dalla “solita storia” i temi più importati sono le raccomandazioni di opere buone, di buoni sentimenti, di fedeltà agli impegni, di pensieri ortodossi.

Ma quando si intuisce che qualcuno in casa deve affrontare il pericolo estremo, allora l’unica roccia alla quale appoggiarsi può essere solo chi ha vinto la morte”.

Don Gabriele vicario parrocchiale

 

 

 

 

 

 

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