L’ARCIVESCOVO ORDINA SACERDOTE DON MARCO RUFFINONI: «SIATE PRETI TRA LA GENTE, GRATI E LIETI NELL’UNITÀ, COLLABORANDO ALLA RIFORMA DELLA CHIESA»

Scritto il 5 settembre, 2020

Anche se la cerimonia nel Duomo di MIlano si è svolta nel rispetto delle normative per la prevenzione dall’infezione da Covid-19, non è mancata la festa per i 23 sacerdoti, tra cui i 22 diocesani, tra cui don Marco Ruffinoni di Introbio. Una delegazione di fedeli decisa per forza ad inviti, guidata dal prevosto don Marco Mauri, don Gianmaria Manzotti, tanti giovani della Comunità Pastorale Madonna della neve, i genitori e i parenti stretti, gli amici più vicini tra cui don Marco Zanotti già responsabile della pastorale giovanile valsassinese e parroco di Merone, ha festeggiato il novello prete al termine della lunga funzione iniziata nel Duomo di Milano alle 9.

Ritornato a Introbio don Marco è stato accolto nella parrocchiale di Sant’Antonio Abate, al suono delle campane dove ha benedetto gli anziani. La chiesa è stata addobbata per l’occasione da fedeli e volontari. In serata la festa organizzata in suo onore al Palbasteer.

Nell’omelia l’Arcivescovo Delpini ha affermato: “L’originalità provocatoria di una risposta. Esprimo la mia gratitudine ai diaconi candidati al presbiterato che si presentano oggi per
l’ordinazione, esprimo la mia gratitudine e la gratitudine di tutta la comunità cristiana e diocesana a loro e a coloro che li accompagnano oggi e li hanno accompagnati fin qui: i familiari, le comunità di origine, le comunità di destinazione pastorale, la comunità del Seminario, gli amici. Il vescovo infatti chiama perché cerca i collaboratori di cui ha bisogno per continuare la missione. Stiamo celebrando un evento che è motivo di meraviglia e di gratitudine perché smentisce le visioni deprimenti che talora si esprimono sul tempo che stiamo vivendo. sì, io dichiaro di fidarmi di Dio, di scegliere di essere docile allo Spirito di Dio che mi dà e mi darà sapienza e fortezza, di cercare ogni giorno di essere alla presenza del Padre per compiere la sua volontà, imitando Gesù. Questi uomini che si fanno avanti e dicono questo “sì” non vengono da un altro pianeta, ma da questa nostra terra; Hanno molte qualità e si sono ben preparati, ma non possono fare niente se non rimangono disponibili e vivere in Gesù, come Gesù vive nel Padre. Questa radicale dipendenza dal dono è una verità che rimane troppo spesso nelle espressioni convenzionali, senza strutturare la libertà delle persone nella forma della gratitudine e della docilità. Se invece, come spero e come auguro, la decisione di accogliere la vocazione della Chiesa a diventare preti si lascia configurare alla gloria ricevuta, allora possiamo sentirci alleati nella riforma della Chiesa che questi tempi esigono.

a) Coloro che ricevono la gloria che il Padre ha dato al Figlio, dimorano nello stupore e vivono di gratitudine. Il ministero che rinnova e riforma la Chiesa si esprime nel condividere lo stupore e nel convocare i molti per cantare la gratitudine. Non siamo gente ingenua, ma siamo discepoli sapienti: ci è stato dato di valutare quanto sia grande, bello, eterno il dono di Dio.

La Chiesa ha bisogno della riforma che la renda lieta, grata, capace di irradiare gioia, perché vive del dono che riceve. La missione che alla Chiesa è stata affidata, perché il mondo creda non si può compiere con la pretesa di convincere, con l’esibizione di una intraprendenza che si raccomandi perché capace di supplire alle inadeguatezze delle altre istituzioni, con una efficienza che conquista perché soddisfa a dei bisogni, e pratica la carità come una dimostrazione invece che come una intima necessità e come restituzione di un debito.
La missione della Chiesa perché il mondo creda è affidata anche ai presbiteri oggi ordinati, ma è
affidata a tutta la comunità, sulle vie della condivisione della gioia e della speranza.

b) coloro che diventano credenti, e quindi partecipano della gloria che il Padre ha dato al Figlio, diventano un cuore solo e un’anima sola. come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.

Un tratto irrinunciabile della riforma della Chiesa è che diventi evidente questa comunione
profonda e si manifesti in un segno che il mondo possa comprendere: i discepoli di Gesù sono
capaci di volersi bene, di stare insieme e di trovare gioia nella fraternità che li unisce.
Questa comunione che raduna tutti i credenti deve manifestarsi nel presbiterio. Sarebbe sconcertante se gli uomini che predicano ai fedeli di amarsi e perdonarsi,
che parlano dell’amore che unisce marito e moglie, genitori e figli, fratelli e sorelle, si rivelassero
individualisti, litigiosi, divisi tra loro.

Per il percorso di riforma della Chiesa io conto su di voi, ordinandi di oggi e su tutti voi presbiteri e diaconi di tutte le età per questo segno irrinunciabile che è la sincerità dell’amore fraterno.

c) Per una comunione dei cuori e delle anime è necessaria la comunione di tutto quello che ciascuno possiede. E’ necessaria la vigilanza di tutti e la correzione fraterna perché l’auto referenzialità non diventi inappellabile, la preferenze non diventino puntigli, le sensibilità particolari non diventino criterio di estraniazione dal cammino di Chiesa.

Siete stati chiamati e siete venuti, siete stati preparati e conosciuti e ora siete mandati: siate grati, siate lieti, non siate attaccati a quello che è vostro, al vostro punto di vista, per essere in verità un cuore solo e un’anima sola perché il mondo creda.

Leggi il testo integrale dell’Omelia:
OMELIA-ORDINAZIONI-PRESBITERALI-5-sett-2020

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