Dal 1 giugno scadrà l’incarico del Responsabile della Comunità Pastorale Madonna della neve e Parroco…
Omelia messa in Cœna Domini – Giovedì santo 2025 pronunciata da don William Abbruzzese
Scritto il 18 aprile, 2025

È una profezia quella che celebriamo stasera. È una profezia fatta di gesti e parole che si compirà domani sul legno della croce. Oggi si annuncia, domani si firma e si firma non con la penna, ma con il sangue.
Vorrei offrire a ciascuno di voi, e a me stesso, quattro piccoli pensieri legati alla Scrittura per poter comprendere questa notte.
Il primo sentiero, il pane. Il pane che diventa corpo. E in questo segno grande Gesù dona tutto se stesso, non una parte di sé. Non regala l’intelligenza, non regala le sue forze, non regala i suoi pensieri, regala tutto di sé e lo regala con il suo corpo, perché il corpo è la possibilità di ogni relazione. Tutti noi possiamo parlare con qualcuno, ascoltare qualcuno perché abbiamo un corpo e abbiamo dei meccanismi tali da poter creare relazione e vivere questo. E allora c’è una possibilità per tutti, proprio perché tutti abbiamo un corpo. Ed è talmente importante per il Signore questo, che lo offre per sempre in modo perenne e lo offre con tanto amore.
Secondo segno è il vino. Il vino che diventa sangue. Da sempre sappiamo che il sangue è il segno eloquente di vita, tant’è che quando il sangue non circola più nel corpo, il corpo diventa cadavere e non si chiama più neanche corpo e non si chiama più vivente e non si chiama più persona, ma lo chiamiamo defunto, lo chiamiamo appunto cadavere. E da sempre, quindi, il sangue indica la vita, quella vita che scorre nelle vene e quella vita che è donata da Gesù in modo totale e viene donata perché tutti noi, ciascuno di noi, possa vivere di lui. Quindi un dono non fine a se stesso, ma un dono perché tu possa essere come lui, perché tu possa vivere di lui, quindi non solo come lui. Gesù non è un buon esempio.
Gesù non è un maestro della storia i cui insegnamenti ci piacciono, li seguiamo. Gesù ci offre la sua vita e permette a ciascuno di noi di vivere di lui e quindi di essere come lui.
Il terzo gesto che nel nostro rito ambrosiano è facoltativo mentre per esempio, se uno si sposta e va già a Monza, il rito romano lo ha obbligatorio all’interno dell’ultima cena, è la lavanda, la lavanda dei piedi. Questo segno indica il servizio. Non c’è, carissimi, vero dono se non nella concretezza di chi sa usare la fantasia della carità. Tutti noi dovremmo realmente avere fantasia nel fare il bene, inventare il bene. San Luigi Orione, un santo interessante da comprendere e studiare, ha inventato tante forme di carità, dai sordomuti, addirittura le suore cieche di clausura, per dire come la carità si spinge a grandi cose e questo ci sprona a dire che noi non ci possiamo accontentare di forme già note, ma avere fantasia. E così la fantasia di Gesù arriva a portarlo a inginocchiarsi davanti ai Dodici, davanti anche a colui che lo tradiva. E Madeleine Delbrel, una mistica del 900, dice che Gesù quando lava i piedi non guarda nessuno, perché così può lavarli a tutti. Il servizio non è qualcosa per qualcuno, ma deve diventare una dimensione del tutto, per tutto, per tutti.
E l’ultimo segno che vi lascio è il boccone. Gesù dà un boccone a Giuda. Significa che dà una comunione che però è spezzata, è ferita; sono le ferite delle nostre relazioni. È un segno profondo, eloquente delle molteplici nostre ferite che provocano cambiamenti tra possibilità e fallimenti. Non tutte le ferite nuocciono, qualcuna ci fa bene, ci fa crescere, i famosi “no” detti per crescere, ma qualcuna invece rende la vita un fallimento e dunque è difficile poi rialzarsi. I cosiddetti bocconi amari della vita che non dovremmo mai dare a nessuno, che non dovremmo mai far assaggiare a nessuno, come ha fatto Giuda. E allora in questo giorno in cui noi preti nasciamo insieme all’Eucarestia io voglio chiedere scusa a tutti voi se non sono stato all’altezza del compito che il Vescovo mi ha dato e se ho ferito la comunione dando a qualcuno qualche boccone amaro.
E chiedo a questa mia comunità di perdonare tutti quei sacerdoti che hanno ferito la Chiesa con i loro atteggiamenti, con le loro fatiche, con i loro vizi, perché tutto questo non porta a credere in Gesù, ma porta ad allontanarsi. E allora a nome anche del Vescovo che, oggi durante la messa crismale ci ha un po’ “bastonato”, ed era pieno anche il duomo, ci ha detto proprio questo, che quello che conta per un prete è la coerenza e quindi abbiamo capito che gli ultimi episodi, tra i tanti altri, hanno provocato un grande dolore nel Vescovo, ma il dolore lo provoca alla comunità cristiana, perché da tutti ci aspettiamo che coloro che ci fanno da guidi e da maestri siano integerrimi, però sapete che siamo uomini, peccatori, non siamo eroi e non siamo santi, ma siamo tutti in cammino per diventare santi. E dunque chiedo, con umiltà, scusa a tutti voi per quelle volte che i sacerdoti non sono ponte tra voi e Dio, ma sono scandalo che allontana da Dio.
Don William Abbruzzese
Parroco CP Madonna della neve
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