Grazie ad un lungo lavoro di "ricerca sul campo" è stato possibile ripristinare un'antica tradizione…
Editoriale: riflessione sull’Ufficium Parvum BVM a 5 anni dalla Summorum Pontificum
Scritto il 12 luglio, 2012

Sarà celebrato lunedì 16 luglio alle ore 20.30 nella Chiesa Parrocchiale dei Santi Gervaso e Protaso l’ “Ufficium Parvum Baetae Virginis Mariae”, una celebrazione del Vespro in rito antico promossa dal gruppo liturgico “Res Musica” che si occupa della cura delle antiche tradizioni canore (nonchè celebrative) che, con il passare degli anni e il “fervore” a volte troppo moderno di certi sacerdoti, sono andate perdute o sono state distrutte nel nome della “maggiore comprensibilità”.
Viene da chiedersi: abbiamo davvero guadagnato, con certe riforme canore e liturgiche post-conciliari (leggi: sessantottine), quella maggiore comprensibilità che andavamo cercando o abbiamo soltanto distrutto un enorme patrimonio artistico-liturgico?
E ancora: siamo sicuri che quei valori, che forse prima erano meno comprensibili (ma siamo davvero sicuri di questo? Moltissime signore anziane sanno meglio il catechismo rispetto alla stragrande maggioranza dei ragazzi d’oggi), adesso siano stati DAVVERO compresi? Basta guardarsi un po’ intorno, e la risposta più intuitiva che sgorga dal profondo del cuore è NO.
E allora, finchè siamo ancora a tempo, conviene recuperare, salvare, insegnare alle nuove generazioni questo patrimonio: i frutti non sono mai mancati, cominciano a mancare solo in questi ultimi tempi, ma se corriamo ai ripari non mancheranno neppure ora.
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Per appronfondire, si possono visitare i moltissimi siti dedicati alla rinascita liturgica che non è, come sostengono alcuni (leggi: modernisti), uno sfizio di persone un po’ vetuste definite “tradizionaliste” o, avolte erroneamente, “Lefrebviani”, ma è l’esplicito desiderio del nostro venerato Santo Padre, Benedetto XVI, che, con il motu proprio “Summorum Pontificum” (letteralmente: “Dei sommi Pontefici”, promulgato il 7 luglio di 5 anni fa) definisce tutte le norme per la celebrazione dei Sacri Misteri in rito antico (sia Romano che Ambrosiano, anche se qualcuno fa orecchie da mercante). Attenzione: questo non è stato un gesto di rifuto del Concilio Vaticano II, anzi! Ne ha rafforzato le decisioni. Anche se certi ministri troppo ferventi (già citati sopra) hanno voluto dare un’interpretazione moderna (perdipiù assai discutibile) del suddetto Concilio, quest’ultimo non ha mai rifiutato nè abolito nè tantomai vietato la celebrazione della S. Messa e degli Uffici secondo il Messale di S. Pio V (per il rito ambrosiano, il Messale del Card. Schuster del 1954), ma li ha semplicemente riformati, classificandoli quindi come forma “Straordinaria” (mentre quella attuale è classificata come forma “ordinaria”).
Il Santo Padre, nel suddetto motu proprio, dichiara che “per il suo uso venerabile e antico”, deve da tutti essere tenuto “nel debito onore”-
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Per chi fosse interessato, ecco un breve riassunto delle norme dettate dal Papa:
1) Qualunque sacerdote di rito LATINO (quindi sia Romano che Ambrosiano che Mozarabico), anche non diocesano, può celebrare senza il popolo (o con eventuali fedeli che lo desiderano di loro spontanea volontà) sia con il Messale di Paolo VI (quello attuale) sia con il Messale di S. Pio V (nell'”Edityo typica” di Giovanni XXIII del 1962) senza chiedere alcuna autorizzazione ai suoi superiori. Questa regola non si applica durante il Triduo Pasquale, in quanto non è concesso celebrare senza il popolo.
2) Dove vi sia un gruppo stabile di fedeli volontari che desiderano la S. Messa in rito Tridentino, questi chiedano il permesso unicamente al Parroco della parrocchia dove si celebraranno i Sacri Misteri. Se questo non acconsentisse, ci si rivolga al Vescovo e, in caso negativo, alla Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”. Nel caso si tratti di un monastero, di un ordine ecc, ci si rivolga al rettore o all’ordinario del luogo.
3) Allo stesso modo sono regolamentati i Sacramenti e gli uffici il cui proprio si trovi nel “Pontificale Romanum” e nel “Breviarium Romanum”
Il testo del Motu Proprio è visionabile in latino ed in italiano.
Purtroppo, tanto per citare un esempio “a caso”, nella diocesi di Milano il Motu Proprio, per volontà dell’Arcivescovo (nonchè Capo-Rito) Dionigi Tettamanzi, è stato ritenuto “non applicabile”, nonostante anche i ricorsi dei fedeli alla P. C. Ecclesia Dei, la quale ha contraddetto quest’ultima decisione.
Per chiarire: il Santo Padre autorizza, la Curia vieta, la Commissione Pontificia conferma quanto deciso dal Santo Padre e riautorizza.
Più di queste parole però, sono significative queste altre, scritte da alcuni seminaristi Ambrosiani che studiano a Seveso: (16/02/2011)
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