Sono disponibili 2 nuovi libri per approfondire l'anno della Fede. VIVERE L'ANNO DELLA FEDE…
Verso l’Anno della Fede…
Scritto il 22 giugno, 2012

Ecco le principali riflessioni emerse nel consiglio presbiterale di lunedì scorso da parte dei consiglieri della zona pastorale III di Lecco.
La traccia preparata per i lavori dei consiglieri poneva l’incipit nella Lettera di indizione del Papa e nella Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, che si muovevano entrambe dal Concilio Vaticano II per giungere ai tempi odierni, attraverso il magistero di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, fino all’avventura grandiosa di Family 2012, con tutta la sua ricchezza di studi, relazioni, narrazioni, confronti, reti di amicizia, momenti celebrativi: una festa di colori, canti, condivisione e gioia; di fede, appunto…
Nell’elaborare il percorso, la commissione sì è poi largamente avvalsa anche dei Lineamenta (approntati per la preparazione del Sinodo dei Vescovi che in ottobre a Roma darà inizio all’Anno della Fede) mettendo a tema, da un lato, la preoccupazione del Santo Padre di ribadire la imprescindibiltà di una seria conoscenza dottrinale per «rendere ragione della nostra fede»; dall’altro, lo sforzo di effettuare tutte le possibili mediazioni per ridire la fede in un contesto in cui le differenze culturali e storiche offrono un quadro multiforme dal quale non possiamo prescindere.
Dalla sintesi dei lavori consiliari nelle Zone sono emerse due considerazioni di fondo. La prima fotografa le nostre comunità: non basta più essere battezzati per dirsi cristiani, molti genitori portano i figli al catechismo, ma non insegnano loro a essere cristiani con l’esempio della vita. Oggi la capacità di far trasparire l’incontro personale con il Signore è più difficile di ieri, ma se le nostre comunità non diventano luoghi dove traspare la gioia del Vangelo, ne deriva che non sono in grado di trasmettere, per contagio, la fede.
La seconda riguarda l’atteggiamento da tenere per il prossimo Anno della Fede; l’auspicio è che non sia soltanto quello di elaborare istruzioni da dare agli altri, quanto piuttosto quello di interrogarsi su come ciascuno vive la sequela di Gesù. Purtroppo icontesti nei quali ci si trova ogni giorno sono spesso segnati dal secolarismo, dalla lontananza da Dio e dalla Chiesa, ma tutto ciò dovrebbe interpellarci sul perché della nostra appartenenza alla comunità cristiana.
Ecco il testo della riflessione emersa dalla zona III:
E’ difficile parlare di fede ed è difficile trovare e capire come trasmetterla, soprattutto perché ci viene trasmessa principalmente per educazione. La fede è una cosa personale e a volte si fa fatica a parlarne, un po’ per vergogna un po’ per paura di essere giudicati.
1) Cosa è stato fatto in questi anni, nei decanati e nelle parrocchie, per accostarci agli adulti in modo particolare alle famiglie soggetto educante primario con la specifica attenzione al tema della trasmissione della fede.
Non è facile tramettere la fede, soprattutto in una realtà come la nostra. Nei decanati e nelle parrocchie della nostra zona, in questi anni, sono stati proposti diversi cammini per aiutare gli adulti a riscoprire il valore della propria fede. Si è iniziato il cammino della catechesi battesimale, un percorso non semplice per diversi motivi, spesso sono coppie di conviventi che richiedono il sacramento del battesimo per il loro figlio, e una volta ottenuto diventa difficile coinvolgerli in un cammino familiare. Nella maggior parte dei casi questo cammino è ancora gestito dai sacerdoti e suore e i laici, di conseguenza, non hanno molto spazio. C’è ancora molto divario tra sacerdoti e laici, si fa ancora fatica a lavorare insieme. Per quanto riguarda il cammino dell’iniziazione cristiana, si cerca di coinvolgere le famiglie nella preparazione dei sacramenti, in alcuni casi anche con dei ritiri, poi vengono anche organizzate le” domeniche insieme” che a volte hanno successo a volte no. Vengono proposte tante iniziative interessanti e a volte si rischia di pensare troppo al fare che non all’essere, forse bisognerebbe partire da qui per diventare veri testimoni di fede riscoprendo i carismi di ogni singola persona da mettere in gioco per non coinvolgere sempre le stesse persone, con la consapevolezza che non si può formare tutti, Gesù parlava alla folla con le parabole, ai suoi discepoli le insegnava.
2) Riflettendo su queste piste pastorali, abbiamo già davanti a noi qualche indicazione utile da proporre per un rilancio della fede? In particolare, che esiti ci lascia per vivere appieno l’anno delle fede, il VII Incontro Mondiale delle Famiglie e l’anno di preparazione vissuto?
La famiglia è stata ed è una cellula fondamentale della nostra realtà. Questo incontro Mondiale delle Famiglie ha dato sicuramente qualcosa, dobbiamo avere la pazienza di aspettare di vedere i frutti, non dobbiamo avere l’affanno di pensare a cosa dobbiamo fare per vederli. Dobbiamo ripartire da quello che abbiamo già vissuto e riproporlo, come l’incontro che c’è stato nella nostra zona il 15 aprile per tutte le famiglie, gli organizzatori pensano di tenerlo come appuntamento fisso annuale, le catechesi che ci sono state per le famiglie. Sicuramente poi al centro di tutto questo deve esserci la preghiera è la preghiera che ci permette di tenere salda la nostra fede nonostante tutto quello r che ci circonda, solo così saremo più forti nel trasmettere la nostra fede.
3) Che esperienze e iniziative ci sono per approfondire i contenuti della fede? In particolare che cosa si propone per diffondere lo studio e la conoscenza della Bibbia, dei contenuti del Catechismo della Chiesa cattolica, dei fondamentali documenti del Concilio Vaticano II? Che cosa di nuovo può essere proposto in merito?
Come si accennava prima la preghiera deve stare al centro del nostro essere cristiani, forse su questo dovremmo metterci in discussione, ed è proprio attraverso la preghiera che riusciamo ad accogliere il dono della fede, dobbiamo imparare a conoscere la Bibbia per riscoprire la bellezza della nostra fede. Ci sono tante iniziative che ci possono aiutare, i gruppi di ascolto, la lectio divina , la scuola teologica, forse non hanno più molto successo ma se in passato hanno funzionato, perché dover trovare qualcosa di nuovo, forse basterebbe rilanciarle tenendo presente che la società è cambiata e che non dobbiamo pensare sempre a cosa fare ma all’essere come si diceva prima. I gruppi di ascolto potrebbero essere diminuiti perché confrontarsi con la parola e con gli altri diventa difficile e fa paura perché ti mette in discussione. Quindi forse sarebbe necessaria una verifica sulle proposte che già si fanno nelle singole parrocchie e nei decanati e poi ripartire da li per capire veramente quali cammini possono aiutare gli adulti per riscoprire la propria fede. E’ difficile parlare di fede ed è difficile capire come trasmetterla, soprattutto perché ci viene trasmessa principalmente per educazione. La fede è una cosa personale e a volte si fa fatica a parlarne, un po’ per vergogna un po’ per paura di essere giudicati.
Le parole del Cardinale Arcivescovo in risposta a questa e alle altre 6 riflessioni di zona sono state le seguenti:
«Premesso che dagli interventi è emersa una una grande ricchezza di vita di fede che sa mobilitare un popolo, come abbiamo visto nei giorni del Papa a Milano, tra i tanti spunti raccolti mi limito a raccogliere quelli che hanno intercettato ciò che ho nel cuore…». Al termine del pomeriggio, l’Arcivescovo ha sintetizzato il lavoro svolto dai Consiglieri in tre ambiti: qual è l’elemento centrale della nostra fede? («Anzitutto come mi pongo io davanti al Signore morto, risorto, presente e vivente in mezzo a noi, e come questo deve animare il tessuto della vita personale, comunitaria, privata e pubblica… Ecco il motivo centrale: la fede sia realmente l’anima di tale tessuto, così da consentire un stabile e autentico “ben essere” come ci ha detto il Santo Padre in piazza del Duomo il giorno del suo arrivo a Milano. Ma come si può guadagnare questo “ben essere”? Dicendo al Signore: noi crediamo, ma tu aumenta la nostra fede». Di qui l’invito dell’Arcivescovo a invitare tutti, cristiani e non, «a conoscere e a far conoscere che Gesù è la pienezza della nostra vita».
Riprendendo molti spunti dei consiglieri circa il metodo da seguire, il Cardinale Scola l’ha mutuato dagli Atti degli Apostoli (2,42-47): «Il metodo è quello praticato dalla comunità dei primi cristiani. Eranoperseveranti nell’insegnamento degli apostoli (…noi lo siamo? Il magistero della Chiesa è oggetto di assidua meditazione nelle nostre comunità?), nella comunione (sappiamo mettere in comunione i beni spirituali e materiali?), nello spezzar del pane (dall’Eucaristia domenicale prende forma il nostro quotidiano?), nella preghiera. Se poi in ogni parrocchia, a ogni livello di età, ci si sostiene nella liturgia illuminata dalla parola di Dio, nell’educazione al gratuito e nel pensiero di Cristo che vive dentro tutti gli ambienti dell’umana esistenza, questo è il metodo attraverso il quale il Signore aumenta la nostra fede».
Ma come si fa ad accrescere questa appartenenza a Cristo e con quale linguaggio possiamo accrescerla e comunicarla? La risposta dell’Arcivescovo è la stessa suggerita da molti consiglieri: quella della testimonianza, sia personale, sia «guardando il volto dei santi, veri tramiti tra il fratello uomo e il Signore Gesù».
Dopo aver ringraziato i consiglieri per il prezioso contributo offerto, che assieme a quello del Presbiterale e a quello che maturerà nel Consiglio Episcopale formerà l’oggetto degli orientamenti pastorali che proporrà alla diocesi il prossimo 8 settembre in Duomo, l’Arcivescovo ha suggerito per l’Anno della Fede tre segni: ilFondo famiglia e lavoro, quale segno geniale e distintivo della nostra Chiesa; un grande pellegrinaggio a Roma per confermare la nostra fede sulla tomba di Pietro e ringraziare il Papa per le giornate milanesi e ungesto pubblico dei catecumeni adulti quale segno della vitalità delle nostre comunità
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