DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA 9ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Scritto il 6 agosto, 2022

Dopo che gli oppositori di Gesù lo interrogarono sul tributo da pagare ai Romani e su altre questioni per metterlo alla prova, nel Vangelo di oggi è Gesù che mette loro in difficoltà interrogandoli riguardo all’identità del Cristo. Per capire questa domanda va detto che mentre noi siamo abituati a riferire la parola “Cristo” a Gesù, nella domanda che pone ai farisei, Gesù la riferisce al Messia promesso dalle Scritture e che gli ebrei attendevano da secoli. Mentre nel popolo si stava facendo strada l’idea che Gesù fosse quel Messia promesso (significative le parole della samaritana dopo il colloquio con Gesù al pozzo: “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Messia?”), per gli oppositori di Gesù, chiusi nella attesa di un liberatore politico, questa idea diventava motivo di preoccupazione e di ostilità.

Gesù dunque li interroga chiedendo loro: “Come è possibile che Davide, in un salmo, chiami il Messia “suo Signore” e non “suo figlio”, in quanto sua discendenza?”.

Nessuno fu in grado di rispondere e nessuno osò più interrogarlo.

La domanda posta da Gesù è un altro piccolo passo verso la rivelazione di Gesù come Messia, rivelazione che avrà il suo compimento durante il processo, quando al sommo sacerdo-te che gli chiedeva se fosse lui il Cristo, il Figlio di Dio, Gesù rispose: “Tu l’hai detto”.

Se noi oggi chiamiamo Gesù “Cristo” è perché riconosciamo in lui il discendente di Davide, ma anche il suo “Signore” in quanto Figlio del Dio vivente.

Chiediamoci anche noi: Gesù è davvero mio Signore?

Non solo per la fede che professo con le labbra, ma come lo professo nella vita con le mie decisioni e le mie scelte.

E’ l’esigenza di Dio di essere al primo posto come ce lo ricordano i primi tre comandamenti, o come dice Gesù più volte nel Vangelo: ad esempio: “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me”, oppure: “Non la mia, ma la tua volontà, o Padre”.

Se Gesù e il Padre sono davvero Dio, non possono essere una cosa fra le tante della nostra vita: questo lo capiamo anche noi.

Ma allora dobbiamo chiederci se la partecipazione alla Messa, che è il momento principale della nostra memoria di Lui, è solo una parentesi nella nostra vita, o un sale e un lievito che la fanno tutta fermentare e che danno sapore di Vangelo ad ogni nostra parola e comportamento.

E se sfacciatamente chiedessimo a Dio con che diritto ci chiede di essere il tutto nella nostra vita, potrebbe indicarci la Croce e chiederci: “E tu non sei tutto per me?”.

Don Gabriele
Vicario parrocchiale

 

 

 

 

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