LA FESTA DELLA MADONNA DELLA NEVE NEL 185° ANNO DAL VOTO – L’OMELIA DI DON MARCO RUFFINONI

Scritto il 5 agosto, 2021

Con partenza puntuale alle 5:30 dalla parrocchiale di Introbio con la recita delle Lodi, il corteo religioso è stato guidato dal parroco don Marco Mauri, da don Marco Ruffinoni il neo sacerdote nativo del paese e da don Gianmaria Manzotti il vicario per la Pastorale Giovanile della Valsassina con un buon numero di partecipanti tra cui i membri della Confraternita. Dopo varie tappe lungo il tragitto, alle 11 don Ruffinoni ha concelebrato la messa con don Manzotti e don Mauri attorniato da tanti chierichetti. Alle 17:30 il rientro con il ritrovo alla Ca’ del Dolfo con la processione che è terminata, con la presenza di oltre un centinaio di fedeli, sotto la struttura di Pra Baster per la conclusione liturgica della festa con il canto a due voci delle litanie Lauretane e la benedizione Eucaristica impartita dallo stesso don Marco Ruffinoni.

Il testo dell’Omelia di don Marco Ruffinoni, sacerdote nativo di Introbio:

Fede e tradizione: il nostro essere qui anche quest’anno ruota attorno a queste due parole. Per 185 anni i nostri padri sono saliti qui in Biandino per sciogliere un voto, e noi anche quest’anno abbiamo adempiuto alla tradizione. Conosciamo tutti bene la storia: nel 1836 scoppia un’epidemia di colera che flagella tutti i paesi della Valle con centinaia di morti. L’affidamento degli introbiesi alla
Madonna di Biandino, Vergine della Neve, preserva il paese dal contagio, guarendo l’unico malato.

Ancora più antica è la tradizione della Madonna della Neve: dopo il Concilio di Efeso del 431, in cui la Madre di Gesù fu definita vera Madre di Dio (Theotokos), papa Sisto III eresse a Roma, sul colle Esquilino, una basilica in onore della Madre di Dio, l’attuale basilica di S. Maria Maggiore, la più antica chiesa dedicata alla Madre di Dio nell’Occidente. La tradizione vuole che il perimetro della basilica sia stato tracciato da Papa Liberio con il pastorale sull’area di una prodigiosa nevicata proprio il 5 di agosto.

Nella lettura del libro dei giudici abbiamo ascoltato di Gedeone che viene chiamato da Dio a salvare il suo popolo e chiede il segno della rugiada e del vello. Gedeone è un piccolo, un umile. «La mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo della casa di mio padre». Eppure, proprio per questo Dio lo chiamerà ad essere giudice, cioè un governatore-salvatore di Israele contro i
madianiti. È facile cogliere nella figura di Gedeone una prefigurazione di Maria, e nell’episodio della rugiada e del vello un’anticipazione di questo dato della tradizione popolare.

Tutto questo che stiamo vivendo, senza la fede rimane però puro folclore, semplice etnografia. Il
folclore non è per forza un male, né qualcosa di tipicamente attuale. Esattamente 90 anni fa don
Antonio Meroni suggeriva a don Arturo di sospendere questa festa, diventata solamente una sagra
popolare ed un’occasione per ubriacarsi per tanti ragazzi e adulti. Un quadro per certi versi non così
lontano dall’attualità…

Forse l’occasione di un anniversario così significativo potrebbe diventare un’occasione per prendere il cuore in mano e chiederci: che ne è di queste tradizioni? Che ne è della fede dei nostri nonni? E che ne è della nostra fede? Perché la fede popolare attira tanta gente, anche chi normalmente non è certo un baciapile? E perché queste tradizioni sopravvivono alla logica moderna che ci sta stritolando?

Forse perché sacro e profano hanno sempre convissuto insieme, e l’uno attinge forza dall’altro. Forse perché in queste occasioni si raccolgono le ferite e le aspirazioni di un popolo. Forse perché dentro tutti noi c’è un desiderio e un bisogno di sacro.

Forse perché di fronte alla tenerezza e all’abbraccio di Maria, anche il cuore più indurito si scioglie.
Forse perché di fronte al richiamo di una Madre, nessun figlio può rimanere insensibile. Forse
perché tutti abbiamo dentro delle ferite, delle suppliche, dei desideri che non possiamo portare da
soli, e che necessariamente dobbiamo affidare.

Di fronte al mistero dell’Annunciazione, che abbiamo proclamato poco fa, tutto il mondo è rimasto
sospeso. Tutta la storia della salvezza dipende dalla risposta di quell’unica ragazza. Nella sua libertà
si giocano tutte le nostre speranze.

“Ecco, sono la serva del Signore”. Con queste poche parole si apre una breccia nella storia e Dio può irrompere nel mondo.

Anche per ciascuno di noi c’è un Angelo Gabriele che annuncia una storia di salvezza; anche per noi c’è la possibilità di giocare la nostra libertà e dire a Dio il nostro sì. Ciascuno di noi ha una missione. “Tutta sua, perché ciascuno di noi è un originale di Dio, un esemplare unico e irripetibile.” (Maria – don Bruno Ferrero) Per questo non possiamo vivere alla giornata… Per questo non possiamo
rimanere accontentarci…

Qui si gioca il sottile equilibrio tra tradizione e fede. La scelta è tutta nelle nostre mani… Se siamo qui solo perché “non si può non fare il 5 agosto in Biandino”, allora domani mattina sarà tutto uguale a ieri; l’anno prossimo saremo ancora qui, magari qualcuno in più, magari qualcuno in meno… ma tutto si ridurrà solo ad una flebile tradizione, sempre più svuotata della sua storia e della fede che l’ha generata.

Se invece siamo qui perché, con la nostra piccola fede e i nostri grandi dubbi, domande e limiti,
vogliamo comunque sforzarci e dire il nostro sì a Dio… forza, avanti! Non lasciamoci spaventare
dalla nostra piccolezza, come Gedeone e Maria. Tutte le grandi opere di Dio partono da un piccolo
dono di fede, da un piccolo sì. Maria ci è davanti come testimone. Maria cammina a fianco a noi,
come ha fatto in tutti questi anni. Non siamo soli.“Nulla è impossibile a Dio”.

Don Marco Ruffinoni
B.Vergine della Neve – Madonna di Biandino
5 agosto 2021
Gdc 6,1.12-16. 36-40; Gal 4,4-7; Lc 1,26-38

Il testo scaricabile -> 51. Madonna di Biandino (5ago2021)

 

 

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