Milano Il cardinale Scola ordina 26 nuovi sacerdoti

Scritto il 11 giugno, 2016

Il Cardinale Angelo Scola, ordina 26 nuovi sacerdoti ambrosiani, alla presenza dei familiari e degli amici, dei fedeli delle parrocchie di origine e di quelle in cui hanno prestato servizio finora. I preti novelli hanno un’età compresa tra i 25 e i 44 anni e storie molto diverse tra loro. Alcuni hanno frequentato il Seminario minore in diverse città d’Italia, altri provengono da diocesi del Meridione, altri ancora da molto lontano: dalle Filippine e dallo Sri Lanka. Nove possiedono un titolo universitario e quasi la metà ha avuto esperienze lavorative, anche di molti anni.

da chiesadimilano.it

Ecco il testo dell’Omelia del Cardinale Scola:

  1. «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati» (Lettura, At 13,2). Lo Spirito Santo che illuminò il significato dell’elezione di Bàrnaba e Paolo due mila anni fa, getta luce potente, oggi, sui voi cari ordinandi della nostra Chiesa e delle diverse famiglie religiose. E voi, carissimi fedeli, siete convenuti in gran numero nel nostro bel Duomo, consapevoli di questo grande dono.

La lettura odierna del Libro degli Atti marca anzitutto un decisivo aspetto: Dio sceglie sempre per. Non a caso è la missione a configurare compiutamente il volto della persona del chiamato. Chi si ricorderebbe di Bàrnaba, che tanto rilievo ha sempre avuto nella tradizione ambrosiana, se non conoscessimo la sua missione?

A proposito della natura della missione, poi, la Lettura specifica che il per dell’elezione – «Riservate per me» (Lettura, At 13,2) – si riferisce al Risorto. È un per me che è un essere in me, presso di me. È il celebre in Cristo a cui spesso San Paolo fa riferimento.

Vivendo in Lui, la vostra esistenza, carissimi ordinandi, si trasformerà in offerta viva, tesa a proporre a tutti Gesù morto e risorto come via, verità e vita.

Il brano evangelico sintetizza questi fattori costitutivi esplicitando lo stile di vita del “cristiano”. Questo stile che risultò così chiaro agli abitanti di Antiochia se per primi finirono per chiamare “cristiani” i seguaci di Gesù. «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Vangelo, Mt 10, 8). Sono le parole emblematiche del discorso missionario del Vangelo di Matteo. Gratuitamente. È una posizione dell’io che deriva dalla gratitudine per l’enorme dono che state per ricevere. Suscita un’indomabile energia di spendere la vita per la gloria del Padre, che brilla nell’umanità di Cristo.

Il lasciarsi prendere totalmente a servizio come presbiteri domanda la vostra adesione libera alla chiamata e all’elezione che la Chiesa compie delle vostre persone. Dovete per questo prestare particolare attenzione ad un fatto che tendiamo a trascurare se non a rimuovere. Il dono del presbiterato vi domanda ora un talmente incondizionato che in questo la vostra vita è già fin da ora data per sempre, indipendentemente dalle forme che tale consegna potrà rivestire: dal quotidiano paziente accompagnamento del popolo di Dio fino al martirio. Da oggi, lo ripeto, la vostra vita è già data per sempre. «Io, ma non più io» (cfr. Gal 2,20), dice Paolo. Anche tu fin da ora, al di là di limiti e debolezze, devi far tua l’esperienza di Paolo.

  1. La liturgia della festa di San Bàrnaba sottolinea con forza il contenuto dell’opera a cui l’apostolo è stato chiamato e alla quale anche voi siete chiamati in quanto cooperatori dell’ordine episcopale: «annunziare fedelmente il vangelo di Cristo» (All’inizio dell’Assemblea liturgica).

Questo annuncio è, innanzitutto, riconoscimento dell’opera dello Spirito in mezzo al popolo cristiano: «Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore» (Lettura, At 12,23). Il Signore, infatti, ci precede sempre là dove ci invia. Ognuno di noi, come dice Paolo ai Colossesi, è semplicemente «ministro, secondo la missione affidatagli da Dio … di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi» (Epistola, Col 1,25-26). L’immanenza grata e quotidiana alla vita del Popolo di Dio vi sorreggerà nella consapevolezza di essere ministri. Domandiamoci: qual è la condizione per essere annunciatori di tutto il Vangelo? Il Beato Paolo VI invitava i sacerdoti dei vicariati varesini a «conoscere la vita del popolo, accorgersi dei cambiamenti che avvengono, portare l’attenzione sulla scena umana» (Varese, 9 gennaio 1958).

Permettetemi in proposito un richiamo che sento come elemento decisivo della mia responsabilità episcopale verso i sacerdoti. L’orizzonte del nostro ministero è l’intero Popolo di Dio. È questa, tra l’altro, una tradizione ben radicata da secoli nella storia e nello stile pastorale della Chiesa ambrosiana. Vedo, invece, spuntare in taluni sacerdoti la tentazione di ritagliarsi, anche in età relativamente giovane, solo qualche aspetto dell’azione pastorale (liturgia, studio, carità ecc) per elevarlo al tutto. No! Anche se i tempi e le situazioni richiedono una giusta distribuzione di compiti, sempre si deve vedere attraverso di essi che il nostro servizio è a tutto il Popolo di Dio. I pochi tratti biografici della figura di Bàrnaba lo mostrano chiaramente. Se vien meno questo orizzonte integrale, la nostra azione, anche se piena di intensità e di dedizione, rischia di perdere il suo carattere missionario ed il nostro ministero tende a diventare un ruolo.

«Fratelli, restate fondati e fermi nella fede, irremovibili nella speranza del Vangelo, che avete ascoltato, il quale è stato annunciato in tutta la creazione che è sotto il cielo» (Epistola, Col 1,23). Il Vangelo è annunciato sempre a tutti, perché «tutti i confini della terra vedano la vittoria del nostro Dio e tutta la terra acclami il Signore» (cfr. Sal 97 [98] 3-4). L’annuncio del Vangelo non conosce esclusioni, è veramente per tutti e per ogni circostanza. Il discorso missionario di Matteo lo suggerisce discretamente: «Strada facendo … In qualunque città o villaggio entriate …» (Vangelo, Mt 10,7.11). Siamo mandati a tutti, perché condividiamo la vita di tutti: le domande dei nostri interlocutori sono le nostre stesse domande. Per questo per il cristiano e per il ministro del Vangelo nessuno è lontano! La cultura dell’incontro a cui ci richiama costantemente Papa Francesco è nel DNA del ministro del Vangelo e, ai nostri giorni, è, di fatto, un benefico apporto alla società civile divenuta plurale.

  1. Carissimi, ricevete il dono dell’ordine sacerdotale nell’Anno Santo della Misericordia: siete presi a servizio della misericordia di Dio in favore dei nostri fratelli uomini. In quest’anno risuona così in modo del tutto particolare il vostro «Sì, lo voglio» a questa domanda dell’Arcivescovo: «Volete insieme con noi implorare la divina misericordia per il popolo a voi affidato, dedicandovi assiduamente alla preghiera, come ha comandato il Signore?» (Impegni degli eletti).

L’annuncio del Vangelo della misericordia, per il quale il Signore vi ha scelti, trova uniti nell’unico presbiterio i presbiteri diocesani e quelli religiosi. La vita consacrata è un dono prezioso che lo Spirito elargisce alla nostra Chiesa per mantenerla con lo sguardo fisso sulla vita eterna, mèta del nostro pellegrinaggio. La presenza dei presbiteri religiosi nel nostro presbiterio aiuta tutti a mantenere la radicalità propria dello spirito dei consigli evangelici. Per questo siamo lieti che quattro ordinandi provengano da famiglie religiose.

  1. Carissimi, il popolo cristiano si rivolge a Maria Santissima chiamandola Mater misericordiae. La misericordia, infatti, ha il nome di suo Figlio: Gesù Cristo. Per intercessione di sua Madre, Egli vi conceda – per usare le parole della bella preghiera di Grandmaison – «un cuore di fanciullo… tormentato dalla gloria di Gesù Cristo, ferito dal Suo amore con una piaga che non rimargini se non in cielo». Amen.
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