30/05: aperto il Congresso Teologico

Scritto il 30 maggio, 2012

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«Il tema che mi è stato assegnato ha due poli estremi: la creazione e la salvezza. Il mio intervento è una sorta di piccolo disegno, un bozzetto all’interno del quale tanti altri relatori aggiungeranno molti elementi. Per questo ho pensato di usare un simbolo fondamentale, che disegnerò e cercherò di colorare, non col pennello, ma con le parole e, prima di tutto, con le parole della Scrittura: la casa». Così il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, ha iniziato il suo intervento su “La famiglia: tra opera della creazione e festa della salvezza” nella prima sessione del Congresso teologico-pastorale, inaugurato questa mattina a Fieramilanocity.

La casa, ha spiegato il Cardinale, «non è soltanto l’edificio di mattoni, di pietra e di cemento o la capanna o la tenda in cui si dimora, ma è anche chi vi abita, è il “casato” fatto di persone vive e di generazioni. Anzi, talora la “casa” per eccellenza è persino il tempio, residenza terrestre di Dio». Il simbolo della casa rende possibile la declinazione tematica di altri concetti, a partire dalle fondamenta, ovvero la base da cui sorge la famiglia, la coppia uomo-donna.

Nelle parole di Ravasi, la casa ha pareti di pietre vive, rappresentate dai figli. Sulle pareti di pietre vive della casa familiare «sono incise due epigrafi che delineano l’impegno vitale morale dei suoi abitanti. Sono i due comandamenti capitali della famiglia. Da un lato, il precetto nuziale della fedeltà: “Non commetterai adulterio”. Dall’altro lato, il comandamento sociale: “Onora tuo padre e tua madre”, dove la figura paterno-materna incarna tutta la complessa rete delle relazioni sociali, essendo appunto la famiglia la cellula germinale del tessuto comunitario». Dentro la “casa” che rappresenta la famiglia, ci sono tre stanze: del “dolore”, del “lavoro” e della “festa”. Questi tre ambiti rappresentano la concretezza delle relazioni familiari, delle fatiche del lavoro, della gioia della festa: «L’uomo e la donna, quando celebrano la liturgia festiva, entrano nel tempio/tempo eterno divino». In quest’ultima stanza – ha ricordato Ravasi – si presenta Dio per «asciugare ogni lacrima dagli occhi e far scomparire quei cittadini oscuri che ci sono in tutte le città e villaggi del mondo, che non vorremmo: morte, lutto, lamento e affanno. Nella festa piena della salvezza, non ci saranno più». Guardando dalla finestra di questa casa, ha concluso, «possiamo vedere e apprezzare il dono della tenerezza».

Bruni: «Non separare famiglia, lavoro e festa»

«La famiglia è sempre stata, ed è, il principale luogo sia del lavoro che della festa. Ogni civiltà umana ha trovato nelle sue diverse fasi storiche, e quindi nei diversi contesti culturali, le modalità e i linguaggi per declinare i tempi e i momenti del lavoro con i tempi e i momenti della festa, ma in tutte ritroviamo una comune nota di fondo: i tempi e i momenti della festa e quelli del lavoro sono stati molto intrecciati tra di loro». A partire da questa riflessione storica, Luigino Bruni, docente di Economia politica dell’Università di Milano-Bicocca, ha proposto il suo intervento su “La famiglia, il lavoro e la festa nel mondo contemporaneo”. Secondo il professore, «oggi, in una cultura dei consumi e della finanza che non capendo più il lavoro non riesce a capire e a vivere neanche la festa, occorre tornare a rileggere la famiglia, il lavoro e la festa assieme, senza commettere l’errore di assegnare a ciascuno di questi tre termini dei luoghi e degli ambiti separati e non comunicanti tra di loro». Nell’attuale momento di crisi e di difficoltà, secondo Bruni, «la famiglia si trova al centro della più grave crisi finanziaria ed economica che il sistema capitalistico ha attraversato dalla fine della seconda guerra mondiale». Infatti, «quando manca il lavoro, o quando è fragile e precario, è sempre e prima di tutto la famiglia che soffre».

Qual è il significato del lavoro oggi? Secondo Bruni, «occorre partire dal grande tema della gratuità e del dono, che è ciò che accumuna la famiglia, il lavoro e la festa». Nella sua riflessione «dire gratuità significa dunque riconoscere che un comportamento va fatto perché è buono e non per la sua ricompensa o sanzione esterni». Ecco perché, secondo il docente, «non c’è lavoro ben fatto senza gratuità, perché la gratuità ha bisogno non di un’etica utilitaristica», ma «di un’etica delle virtù». Il lavoro è un valore in sé, da rivalutare rispetto alle ciniche logiche economico-finanziarie. A questo tema si collega molto da vicino quello della festa, dimensione caratterizzata da tre aspetti. Innanzitutto, «la festa ha bisogno del lavoro e quando si è disoccupati o sotto-occupati si perde non solo il lavoro ma anche la festa». In secondo luogo, la festa «è uno dei momenti in cui si valorizzano persone che durante l’attività lavorativa sono meno valorizzate». Infine, la festa «ha bisogno di tempo, non si può acquistare sul mercato, deve essere prodotta e consumata insieme». L’invito conclusivo di Bruni è accorato: «La famiglia, essendo la principale generatrice di beni relazionali, non serve oggi l’economia consumando di più, ma consumando di meno, consumando cioè meno merci e creando più beni: più beni relazionali, beni spirituali, beni di prossimità, che poi sono anche beni essenziali per la ripresa e per lo sviluppo economico».

(da www.chiesadimilano.it)

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Categories : Chiesa di Milano


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