La Vita consacrata sperimenti la spada che trafigge: spada non del lamento, ma d’amore per Dio – L’omelia dell’Arcivescovo

Scritto il 1 febbraio, 2019

1. La spada trafigge l’anima.

L’anima trafitta fa dunque parte delle forme che assume la fede: e anche a te una spada trafiggerà l’anima (Lc 2,35). L’anima trafitta è anche una esperienza diffusa: forse tutti passano, prima o poi, attraverso i giorni in cui la vita personale o la vita della famiglia o la vita di una comunità è segnata da una ferita profonda, da un dolore intenso, da uno strazio angoscioso, insomma da una spada che trafigge l’anima. L’anima, infatti, è vulnerabile, sensibile e in molti modi e per molte cause è esposta al soffrire. Tuttavia diversa è la ferita come diversa è la spada che trafigge.

Anche la vita consacrata attraversa i giorni in cui l’anima è ferita, la vita intima e più segreta della persona, la dimora interiore che più decide della qualità della vita, quella dimensione così difficile da raggiungere dall’esterno, così difficile da comunicare con le parole, così imbarazzante talora, così edificante talora, ecco: l’anima, l’anima è trafitta.

2. La vita consacrata e le sue ferite.

La vita consacrata vive la sua transizione in un cambiamento d’epoca e talora sembra immobile nella replica delle forme consacrate dalla tradizione, talora sembra travolta da una sconvolgimento incontrollabile, talora sembra adattarsi con rammarico a una situazione cambiata con rinunce e fatiche. Spesso risulta segnata da una specie di grigia rassegnazione, un velo di tristezza che mentre rinnova la professione di fede rinnova anche l’impressione di una desolazione senza rimedio. Quale è la spada che trafigge l’anima della vita consacrata?

3. Maria e la sua anima trafitta indicano il percorso per la vita consacrata.

Nella vita di Maria entra anche la spada che trafigge l’anima. Anche nel giorno in cui Simeone, mosso dallo Spirito, condivide il suo cantico, anche nel giorno in cui la profetessa Anna innalza la sua lode a Dio e parla del bambino a quanti aspettavano la

1 redenzione di Gerusalemme (Lc 2,38), anche nel giorno in cui uno stupore pieno di fascino e di gioia invade l’animo di Maria e di Giuseppe, anche in quel giorno si annuncia la spada che trafigge l’anima.

Dunque Maria può essere colei che insegna alla vita consacrata da quale spada è giusto lasciarsi ferire, per evitare di essere troppo sensibili e troppo suscettibili, troppo ripiegati su ferite che nascono da un ripiegamento su di sé e da un amor proprio incline al vittimismo e al malumore.

L’anima di Maria è trafitta da una spada che potremmo chiamare lo struggimento dell’amore, da quel desiderio di entrare nel mistero del Figlio che è come una impazienza di una contemplazione svelata, di una pienezza di comunione. Maria, nella sua peregrinazione credente, esulta per l’opera di Dio che la chiama a partecipare alla storia della salvezza come la Madre del Salvatore; esulta e insieme domanda; esulta e insieme riconosce di non capire; esulta e insieme rimane sconcertata; esulta e continua a camminare nella fede desiderando in modo così intenso di partecipare alla gloria del Figlio che il suo morire coincide con l’assunzione nella gloria eterna di Dio.

La ferita dell’anima credente è il desiderio di vedere Dio così come egli è: le persone che vivono la speciale consacrazione sono anime ferite d’amore: sospirano l’incontro, testimoniano con la loro vita, le loro parole, la loro preghiera che l’attesa del compimento è una dimensione irrinunciabile della vita cristiana, è un fremito che anima ogni giorno.

L’anima di Maria è trafitta da una spada che potremmo chiamare lo struggimento per la comunione. Simeone, infatti, profetizza che la missione di Gesù sarà accompagnata dalla contraddizione. Di fronte alle sue parole e alla sua chiamata a seguirlo il popolo reagirà in modo contrastato. Alcuni risorgeranno, altri cadranno: la chiamata di Gesù si ferma della soglia della libertà e i cuori si manifesteranno con scelte drammatiche e laceranti, dentro Israele, dentro le folle indefinite, dentro il gruppo stesso dei discepoli. Per alcuni sarà la risurrezione e la salvezza, per altri sarà il rifiuto e la rassegnazione alle tenebre. Ma la contraddizione e la contrapposizione tra i figli è come una spada per il cuore della madre: a te una spada trafiggerà l’anima. La Madre vorrebbe la concordia, ed ecco la divisione e il contrasto; la Madre vorrebbe tutti insieme nella casa, e i fratelli invece non si sopportano e si mettono gli uni contro gli altri. Il cuore della Madre ne è lacerato.

La vita consacrata vive la stessa sofferenza di Maria: vede i fratelli e le sorelle desiderati che invece si allontanano, diventano indifferenti, talora anche ostili. Non può restare indifferente. Sono nati e cresciuti nella comunità, sono stati amati, educati, serviti e se ne sono andati. La spada che trafigge l’anima è questa assenza, è questo desiderio struggente che si formi un sol gregge sotto un solo pastore.

Così è chiamata a vivere questo tempo la vita consacrata: sperimentando l’anima trafitta. Non però trafitta dal piangersi addosso, dal lasciarsi prendere dall’amarezza e dal risentimento come se fosse legittimo affliggersi perché la storia sembra decretare il fallimento di una attrattiva, il concludersi di una forma storica, l’esaurirsi delle forze e delle risorse.

Le ferite di chi siamo chiamati a soffrire, fino a sentirci trafiggere l’anima, sono lo struggente desiderio del compimento della comunione con Dio nella visione beatifica e lo struggente desiderio di una fraternità universale che si riunisce intorno a Gesù, condivide lo spezzare del pane e diventa un cuore solo e un’anima sola per potenza di Spirito Santo.

+ Mario Delpini Arcivescovo di Milano

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Categories : Chiesa di Milano | Decanato


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