DON GABRIELE COMMENTA LE LETTURE DELLA QUINTA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

Scritto il 5 febbraio, 2022

Il Vangelo di oggi ci parla dell’universalità della chiamata alla fede in Gesù e lo fa attraverso il racconto di un miracolo: la guarigione del servo di un centurione romano che, come tale, non doveva essere ebreo, ma pagano. Avrà però certamente sentito parlare di Gesù e dei miracoli che compiva, così quando sente che giunge nella sua città gli andò incontro scongiurandolo che guarisse il suo servo.

Soffermiamoci su tre parole di questo Vangelo.

“Soffre molto”: è molto umano e molto bello vedere questo centurione che si prende cura del suo servo e sembra partecipare alla sua sofferenza.

Se Dio è Padre di tutti gli uomini, come deve piacergli quando sappiamo condividere la sofferenza gli uni degli altri.

E quanta sofferenza e condivisione c’è nel mondo a partire da quella che si vive nelle famiglie, ma non solo lì.

Sofferenza e condivisione non etichettata religiosamente, come non lo era quella di questo centurione per il suo servo; ed è bello vedere Gesù andare oltre anche a questi schemi.

“Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì soltanto una parola e il mio sevo sarà guarito”: sono parole che esprimono fede e umiltà, e Gesù loda questa fede e la propone come esempio a tutto il suo popolo.

Anche a noi la Liturgia propone di dire queste parole prima di ricevere Gesù nella comunione: parole che vorremmo dire con la consapevolezza, l’umiltà e la sincerità, che deve aver avuto quel centurione perché Gesù dicesse di lui di non aver mai trovato uno con una fede così grande in Israele!

Preghiamo anche noi con queste parole del centurione: con attenzione, fiducia e umiltà

“Verranno da oriente e da occidente, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori”: non bastava essere nati nella stirpe di Abramo per essere figli di Dio perché, dirà Gesù, Dio può far sorgere figli ad Abramo anche da queste pietre.

Da una parte queste parole risuonano anche per noi come un forte richiamo: non basta l’appartenenza alla Chiesa perché si è ricevuto il Battesimo, se poi questo Battesimo, che ci inserisce in Gesù come il tralcio nella vite, non diventa vita vissuta.

D’altra parte non si può desiderare il Regno senza questo desiderio di universalità, perchè questo è il desiderio di Gesù e del Padre: che tutti gli uomini siano salvati.

Noi non sappiamo come sarà il giudizio finale di Dio: è un mistero di giustizia e di misericordia.

Ma se vogliamo anche noi condividere i sentimenti di Dio, non possiamo non desiderare come Lui che tutti gli uomini siano salvati: la Croce è la rivelazione di quanto stiamo a cuore a Dio. Tutti!

Don Gabriele
Vicario parrocchiale

 

 

 

 

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