DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELL’ULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

Scritto il 18 febbraio, 2023

Nel Vangelo di oggi Gesù ci parla attraverso la nota parabola detta del “figliol prodigo”, che oggi si preferisce chiamare del “padre misericordioso”. Infatti la vicenda del figlio più giovane che pretende e sperpera la sua parte di eredità per poi tornare pentito dal padre che lo accoglie con festa, mette un po’ in secondo piano il primo figlio che non accetta di entrare in casa per festeggiare il ritorno del fratello. Ma sopra ciascuno di questi due figli sta l’amore del padre.

La propria parte di eredità che il figlio più giovane pretende simboleggia per noi la libertà e indipendenza che vogliamo avere rispetto a Dio; salvo poi ritrovarci con una vita sperperata e vuota.

Per noi che leggiamo e crediamo al Vangelo non è difficile riconoscere la verità di questo aspetto della parabola: ci pare di capire il vuoto che lascia una vita vissuta nel piacere dissoluto.

È la tentazione insita in una società del benessere come è la nostra, e si riflette in modo particolare nel campo dell’educazione dei giovani, che rivendicano il diritto alla libertà più sfrenata con esiti spesso distruttivi per la loro stessa vita.

È stato scolpito il padre della parabola con il volto solcato da due righe di pianto: è l’immagine della sofferenza di Dio Padre per ogni figlio che si allontana da Lui: certo non approva, ma non si ferma a rimproverare: appena vede il pentimento subito riabbraccia.

Per questo si dice: “parabola del Padre misericordioso”.

Per quanto importante e sempre attuale l’esempio di questo figlio, il comportamento del fratello è ancora più vicino a noi. Il confronto con questo figlio rimasto sempre obbediente al padre, suscita in noi alcune domande:

La mia obbedienza alla legge di Dio ha il sapore della costrizione o la vivo nella libertà e nella gioia?
Provo invidia per chi vive come vuole, libero da ogni costrizione, anche religiosa?
Dico: “troppo comodo”, a chi vive come vuole e poi, con un semplice atto di pentimento, ritorna?
La parabola si conclude con il padre che esce per supplicare il figlio obbediente ad entrare, per fare festa per il fratello ritornato.

“Esce”, lo “supplica”, lo chiama “figlio”: è il traboccare dell’amore del padre anche per il primo figlio, obbediente sì, ma senza amore.

Non lo rimprovera per la sua ostinazione a non voler entrare per festeggiare il ritorno del fratello; adesso è lui il figlio perduto e il padre gli si avvicina per far sentire anche a lui il suo amore di padre.

Se l’amore per il Padre è vero, non può non essere anche amore per i fratelli.

Diremo, prima della consacrazione: “Tu, o Padre, ci hai riconciliati a te per mezzo del tuo Figlio, perché, nuovamente rivolti a te, ci amassimo gli uni gli altri come lui ci ha amati”: non bastava al Padre essere riconciliati con Lui, dobbiamo esserlo anche tra noi.

Don Gabriele
Vicario parrocchiale

 

 

 

 

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