DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA IV DOMENICA DI QUARESIMA

Scritto il 21 marzo, 2020

Nel Vangelo di oggi ancora una volta Giovanni ci propone un miracolo di Gesù, la guarigione del cieco nato, come segno di una luce più grande offerta ad ogni uomo: la luce della fede in Lui. Dice infatti: “Io sono la luce del mondo”. Fra i molteplici spunti di riflessione che questa pagina ci offre, ne ricordiamo due.

1. Gesù smentisce quella falsa convinzione che l’essere nato cieco fosse a motivo del peccato di quell’uomo o dei suoi genitori. Anche noi oggi, davanti all’epidemia del coronavirus, possiamo essere tentati di interpretarla molto sbrigativamente come un castigo di Dio per i nostri peccati, quando invece dovremmo fare una riflessione più profonda, illuminata dalla parola di Dio. E se anche questa epidemia fosse una occasione perché si manifesti la gloria di Dio? Come?

2. Ma il punto cruciale di questo Vangelo sta nel dialogo finale fra Gesù e il cieco guarito: “Tu credi nel Figlio dell’uomo?” “E chi è, Signore, perché io creda in lui?” “Lo hai visto: è colui che parla con te” “Credo, Signore”, e gli si prostrò davanti. L’espressione, in verità piuttosto enigmatica, “Figlio dell’uomo” ci suggerisce di pensare a Gesù che scende nelle profondità dell’esperienza umana, uomo fra gli uomini, facendola propria. Così, in questo incontro possiamo riconoscere l’incontro fra due persone escluse

– Gesù, del quale si dice, subito prima di questo vangelo, “raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio”;

– il cieco, “sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi? e lo cacciarono fuori”. Ora il cieco si ritrova davanti Gesù non più solo come operatore di miracoli, ma come l’uomo che condivide la sua esclusione: l’uomo del dolore, fattosi nostro fratello. Con l’incarnazione, la luce di Dio non è luce sfolgorante come si presentò a Mose, ma è luce nascosta nella carne umiliata di Gesù: lì va cercata.

Nella concretezza della sua carne umiliata, Gesù continua a dire al mondo la concretezza dell’amore di Dio per noi.

Don Gabriele vicario parrocchiale

 

 

 

 

 

 

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