Peregrinatio dell’Urna di don Bosco. Farà sosta anche a Lecco l’urna del santo che tanto…
Don Bosco: spunti di riflessione per educatori “da mihi animas”…
Scritto il 28 gennaio, 2014
Nella sua cameretta don Bosco volle un piccolo quadro con una citazione biblica che San Francesco di Sales (patrono dei salesiani) reinterpretò nella sua missione pastorale e che san Giovanni Bosco considerò come principio insostituibile:”Da mihi animas, caetera tolle” (“Dammi le persone: i beni prendili per te”, Gen 14,21). Questa frase non la si comprende appieno se non si va al cuore della passione educativa di Don Bosco.
“Da mihi animas” indica una continua tensione a cogliere il vero bene, il valore autentico di ogni azione educativa, che sono proprio le persone. Un educatore, con i ragazzi e i più giovani, cerca innanzitutto un “punto di incontro” e una “costante comunicazione”, anche affettiva, sapendo che la relazione educativa è qualcosa di prezioso e di delicato e che ogni persona, soprattutto se piccola, è “ un mondo” a cui accostarsi con rispetto. Per questo non si può improvvisare ma non si può nemmeno progettare tutto a tavolino, freddamente e senza “compromettere” la propria vita, anche a costo di perderci:”caetera tolle”.
“Da mihi animas” è una scelta di campo che consiste nel condurre i ragazzi ad un bene più grande partendo da quello che sono “oggi”. L’educatore sa che Dio ha per loro un “sogno” e che spetta a lui creare le condizioni perché ciascuno lo possa scoprire.
“Da mihi animas” è, ancora, uno stile per cui l’educazione diventa un costante investimento di pensiero, di azione e di preghiera, perché nulla rimanga intentato ma tutto venga considerato con oculatezza e senso critico. L’educatore sa che ci sono di mezzo le “anime”, cioè la vita intera delle persone, chiamate – come diceva don Bosco – ad essere “felici nel tempo e nell’eternità” e niente di meno di questo. Ci si può scoraggiare di fronte a questa proposta di felicità? Niente affatto! Secondo don Bosco, l’educatore è un’ottimista, è carico di speranza, e pensa che la felicità sia qualcosa di possibile e realizzabile.
Il nostro sforzo, alla sua scuola, consiste nel ricercare, nel profondo del cuore, le motivazioni della nostra gioia perché diventi “contagiosa” proprio perché condivisa, senza riserve, spendendosi con una fede salda (ritorna il “caetera tolle”).
Nel percorso che proponiamo in queste pagine, leggeremo alcuni brani dei testi che don Bosco scrisse per i suoi giovani, perché potessero, dalla storia e dall’esempio, imparare un metodo per diventare anche loro educatori. Don Bosco non fu un teorico dell’educazione. I suoi scritti illustrano bene sia la sua esperienza educativa che le sue scelte pedagogiche: ne proponiamo alcuni stralci per andare al cuore di uno stile che, appunto, non è una teoria ma è frutto di vita.
A chi gli chiese di teorizzare il suo metodo educativo, Don Bosco rispose:”Mi si domanda come educo i ragazzi. Io li tiro su come mia mamma tirava su noi in famiglia. Di più non so”. Per conoscere don Bosco occorre allora “incontrarlo” e fare esperienza della sua vita. Occorre pregare con lui e occorre con lui farsi le domande giuste per verificare il proprio servizio e le proprie scelte.
E’ quello che proponiamo di fare in questi giorni della Settimana dell’educazione. Ritagliare uno spazio per sé, fare silenzio e mettersi in ascolto, vivere concretamente qualcuna delle parole chiave che ci vengono presentate affinché il Vangelo che proponiamo ai più giovani sia “il Vangelo della gioia”.
Sussidi di riflessione da scaricare:
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