A Erba la prima Via Crucis 2018. A questa morte si appoggia chi vive – L’omelia di Delpini

Scritto il 24 febbraio, 2018

Per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi

Non sottovalutare il soffrire e il morire di Gesù. Non contate Gesù crocifisso tra i crocifissi  della storia, come un numero in più nel tragico calcolo dei giusti ingiustamente uccisi. Non raccontate la vicenda di Gesù come una storia tra tante, una storia come tante, una conferma che anche lui non ha potuto far niente di fronte alla crudeltà e alla stupidità umana. Non chiamate questo morire con un nome troppo facile, con un dolore troppo piccolo, con una emozione troppo
scontata.

E infatti questa morte è l’evento che sconfigge la morte, questo soffrire è la comunione che semina in ogni soffrire una vocazione all’amore, questa solitudine è lo spettacolo che attira tutti gli sguardi e dà fondamento alla comunione, questo strazio è il grido che squarcia il velo del tempio e rivela il volto di Dio e la sua presenza. Il nostro cammino per le strade del nostro vivere quotidiano non è solo per dire che il Figlio  di Dio cammina con noi, che anche lui si è sporcato di polvere e fango, che anche lui ha stentato a vivere e ha sofferto a morire. È soprattutto per dire che proprio camminando ha salvato il nostro andare dall’essere un vagare senza meta. Proprio il suo soffrire come noi ha salvato il nostro soffrire dall’essere una smentita irreparabile della bellezza della vita. Proprio il suo morire sul legno maledetto ha aperto l’ingresso alla terra benedetta, alla gloria benedetta, alla vita benedetta con ogni benedizione.

Gesù infatti è l’unico nome in cui c’è salvezza. Questa infatti è la rivelazione: Dio salva!

Non siamo condannati a morte. E Dio salva chiamando tutti a essere in comunione con Gesù: il lui solo possiamo essere salvati.
Perciò tutte i figli di Dio che erano dispersi si riuniscono insieme, per essere uniti all’unico salvatore. Ciò che raduna gli uomini e le donne nella santa Chiesa di Dio non sono le coincidenze della storia, non è la simpatia o il bisogno di farsi coraggio a vicenda, non è la buona volontà dell’accoglienza, non è la condiscendenza di chi sta bene che concede qualche cosa a chi sta male, non è la buona educazione che tratta con rispetto gli altri. È invece la vocazione con cui tutti siamo chiamati, è lo Spirito che viene dal forte grido di Cristo che muore e che ci rende un cuore solo e un’anima sola.

Se non ci raduniamo intorno a Gesù e in nome di Gesù non siamo la Chiesa. Se il fondamento della nostra comunità non è il Signore Gesù morto e risorto, i nostri tentativi di camminare insieme finiscono presto in una irrimediabile dispersione.

Pertanto mentre la nostra assemblea si conclude e ciascuno torna “a casa sua” non continuiamo a tenere fisso lo sguardo su Gesù, a cercare Gesù, a pregare Gesù, a lasciarci condurre dall’attrattiva di Gesù, che innalzato da terra attira tutti a sé, anche il nostro soffrire sia vissuto insieme a Gesù, anche lo sguardo che rivolgiamo agli altri sia lo sguardo di Gesù, anche il cammino che stiamo compiendo come Chiesa formata dalla genti sia alla sequela di Gesù.

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Categories : Chiesa di Milano | Prima pagina | Quaresima e Pasqua


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