Per riflettere insieme: Come possiamo contrastare la tentazione del cristianesimo seduto?

Scritto il 19 dicembre, 2016

Il cristianesimo seduto è quello dei cristiani stanchi, che avvertono come un giogo pesante quello che dovrebbe essere un giogo leggero, che soffrono quello che dovrebbe esprimere la grazia di essere chiamati alla sequela di Gesù, come fossero adempimenti per doveri che aggiungono al mestiere già di per sé gravoso di vivere. Il cristianesimo seduto è quello dei cristiani che non sanno più in quale direzione procedere. Le complicazioni della vita, la confusione dei pensieri, il condizionamento dell’“aria che tira” inducono anche i discepoli di Gesù a pensare che non ci sia più una strada da percorre, non ci sia più una meta da raggiungere, non ci sia più una missione da compiere. Il cristianesimo seduto è quello dei cristiani che non trovano una motivazione per camminare: l’entusiasmo che forse una volta li aveva trascinati si è logorato con il tempo, la compagnia che forse una volta li ha coinvolti si è dissolta, la relazione personale con il Signore che li aveva persuasi si è fatta un vago sentimento custodito piuttosto come una nostalgia che come una vocazione.

Come possiamo contrastare la tentazione del cristianesimo complessato? Il cristianesimo complessato è quello dei cristiani che si sono lasciati convincere dal pensiero e dalle parole di molti contemporanei che, in realtà, i cristiani sono sopravvissuti, che, in realtà, il cristianesimo è un anacronismo. La vita di oggi va da un’altra parte. Le ri-sposte che i cristiani offrono non sono pertinenti alla domande che la gente si pone oggi. La gente cerca altrove quello che gli serve per vivere, per affrontare le questioni che urgono dentro, che inquietano. La proposta della verità cristiana appare una sorta di ostina-zione a imporre dogmi incomprensibili e morali impraticabili piuttosto che una buona notizia credibile e una speranza affidabile. Perciò i cristiani sono spesso afoni e muti, quando non sono perentori e suscettibili, in assenza di argomenti persuasivi.

Come possiamo contrastare la tentazione di un cristianesimo indaffarato? Il cristianesimo indaffarato è quello dei cristiani che sono così presi dalle cose da fare perché si sono sempre fatte, così impegnati per “tenere in piedi” quello che le generazioni passate hanno costruito che sentono un certo disagio di fronte all’invito a sostare per domandarsi “perché?” e “per chi?” si affaticano tanto. Il cristianesimo indaffarato è quello dei cristiani che sono così pronti e generosi nel rispondere alle richieste e nel lasciarsi disturbare dalle emergenze che presentano la Chiesa come un’opera assistenziale alla quale è spontaneo delegare la cura per coloro di cui nessuno sicura: una sorta di alibi per evitare che nei luoghi di coloro che contano ci si chieda perché ci siano persone di cui nessuno si cura.

Come possiamo contrastare la tentazione di un cristianesimo scoraggiato? Il cristianesimo scoraggiato è quello delle lamentazioni, quello delle nostalgie, quello dei calcoli e dei confronti. I cristiani scoraggiati sono quelli che dicono: siamo così pochi ed eravamo tanti! siamo sempre quelli! siamo così inadeguati alle necessità del nostro tempo.

Venga il tuo regno! (Lc 11,1-4) offre una parola decisiva per contrastare le tentazioni di oggi e di sempre. Gesù invita i suoi discepoli a pregare, dicendo: Padre! La giovinezza della Chiesa non è lo sforzo di adeguarsi ai tempi, non è un impegno a truccarsi per nascondere le rughe e non riconoscere i danni del tempo e i peccati della storia. La giovinezza della Chiesa è il dono dello Spirito che è principio di vita eterna, vita giovane, vita che genera vita. La preghiera è quella grazia di comunione consapevole, docile, grata che ci immerge nella comunione trinitaria e ci rende partecipi della vita di Dio. Il cristianesimo seduto, il cristianesimo complessato, il cristianesimo indaffarato, il cristianesimo scoraggiato hanno spesso questo in comune: riducono la preghiera a dire delle preghiere, a ripetere delle formule. Pregare è invece quell’immergersi nel roveto ardente, nel fuoco che rende fuoco. Gesù invita i suoi discepoli a pregare, invocando: venga il tuo regno! La preghiera che ci rende partecipi dei sentimenti e della mentalità di Cristo ci fa ardere dei suoi desideri, ci smuove da quell’assestarci nelle posizioni acquisite e nella abitudini consolidate che ci fa sedere, scoraggiati e complessati ai margini della storia. La preghiera di Gesù invoca un oltre, sogna un compimento, confida nel ritorno glorioso del Risorto. La speranza cristiana sembra un patrimonio ignorato, sembra quasi imbarazzante parlare di vita eterna e confessare di desiderare il paradiso. I discepoli di Gesù invece invocano venga il tuo regno, sono ardenti di un desiderio che li rimette in cammino, come i discepoli di Emmaus che corrono a Gerusalemme perché sia annunciata la speranza che sconfigge ogni disperazione e rassegnazione.

Dall’omelia di Monsignor Delpini, Vicario Generale della Diocesi di Milano.
Celebrazione in San Gregorio VII – Roma (giovedì 6 ottobre 2016).
dal Foglietto degli Avvisi di Premana a Pagnona

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